Le mani, le tue.
I morsi, i tuoi.
Le carezze, le tue.
Gli occhi, i tuoi.
Le parole, le tue.
I sorrisi, i tuoi.
Le lacrime, le mie.
Sono troppo per te.
Categoria: Poesie 2011
quanta fatica mi costa
Quanta fatica mi costa
liberarmi da questo intreccio…
Continui a tenermi le mani legate
e mi chiedo
fin quando dovrò trattenere
questa polvere rossa
che dentro al cuore stagna.
forse non smetterò mai
Forse non smetterò mai
di aver timore.
La sento sulle ossa
e sulla pelle
questa mancanza di colori
quando la tua presenza è lontana.
le parole mi divorano
Le parole mi divorano.
Scrivo con due
cinque
cento mani.
Scrivo con la pelle
la carne
il fegato.
Scrivo con follia
memoria
menzongna.
Scrivo per me
per te
per l’Eterno.
vuoto
Vuoto, non solo tra le dita
e sento di essere come una scatola
che non ha più voglia
di esser riempita.
Riponetemi in soffita
e lasciate che la polvere
sia l’unica a baciarmi,
a blandirmi il corpo.
Lasciate che la mia fibra,
un tempo di legno buono,
ora venga abitata da tarme.
Involucro,
riempitemi di foglie.
mi guardo da fuori
Mi guardo da fuori
e vedo una donna folle,
cresciuta tra paura e speranza.
Una donna forte anche,
capace di andare oltre se stessa.
Vedo una donna e i suoi timori
e la piacevelezza di assoporare
la nudità della sua anima.
Questa è follia?
Se è così,
fate in modo
che sia intorno a me tutti i giorni,
fate in modo che mi leghi tutta,
tranne le mani.
attendo con impazienza il nostro incontro
Attendo con impazienza il nostro incontro.
L’ho assapporato col tempo
in questi anni di scadenze.
Macino unghie ingiallite di nicotina.
E’ una camicia di forza
quella che mi lega le braccia.
Dove sei Dottore?
Quando mi libererai da me stessa?
Quando prenderai i miei pensieri
e li imbottirai di niente?
La tua bocca,
quella non la ricordo più.
Non ricordo i tuoi baci,
il sapore della tua lingua,
il fastidio della tua barba.
Questo è doloroso.
Perché mi piace ricordare
quello che oggi fa poco male.
Provo ad entrare nella memoria
cercando con affanno un ricordo
che mi lasci in bocca
il sapore di una lontananza.
presi un treno
Presi un treno
per venire a trovare i tuoi occhi.
Ti cercai in una stazione vuota
e ti riconobbi subito
nel viola della tua sciarpa.
Imbarazzata mi accesi una sigaretta
che avrei voluto non finisse mai.
Un abbraccio poi,
quel non guardarti e già volerti.
A ripetizione ci amammo
e ci lasciammo,
un giorno a Roma,
anzi tre, o quattro?
Ho smesso di contare
sulle dita la tua (pre)as(senza).
è consolatorio
E’ consolatorio
questo accompagnarsi a vicenda
nelle paure e nei sogni.
Sapere che mentre tu respiri
qualcun altro non ha aria,
ed il contrario.
E’ consolotario
questo intrecciarsi a vicenda.
Occhi diversi, diverse mani.
Non sapere chi siamo
e scoprirlo solo prima di morire.
ad un tratto
Ad un tratto
sedemmo in quattro.
Ricordo ogni momento
di quelle due serate.
La mia memoria
non dimentica mai.
Di quel giorno
ricordo l’aria dei boschi,
quattro cuori
e un vino versato.
Sì, sorridete, mentre io piango per voi.
Il mio nome è Empatia,
quella bestia
che mi accompagna da sempre.
Se fossi Dio
ricongiungerei le vostri mani.
roma vista da lontano
Roma vista da lontano,
nell’immagine di quattro occhi.
Roma ladra dei nostri cuori,
schiava di noi.
Perché eravamo belli
passeggiando sul lungo tevere,
tra i canneti e l’immondizia,
la natura e il vissuto.
E manca un altro verso
per chiudere il passato.
Ma passato cos’è
se sei ancora lì con me?
appannato ciglio
Appannato ciglio
su mani pallide.
Occhi ciechi
morti di cenere.
Un rosso viso sul muro,
la perdita.
La mente vuota
scavalga pensieri
sagome
vizi.
Mancanza è il tuo nome
inciso sulla schiena
come carne che arde.
le parole non dette
Le parole non dette
sono quelle che mastico lentamente
assaporandole
fino ad ingoiarle e sentirne un gusto agrodolce.
Le parole non dette
sono quelle che ascolto da lontano
nell’angolo nascosto della mia testa,
esplodono ed implodono nel mio udito.
Le parole non dette
sono quelle che vedo già scritte
su un foglio
e si ricompongono da sole
alla mia vista.
Le parole non dette
sono quelle che annuso sul tuo corpo
vive di me/te/ora.
Ho l’olfatto che sa di noi.
Le parole non dette
sono quelle ancora non toccate
ma che sento già tra le mani,
che hanno tatto di te.
c’è ancora qualche residuo
C’è ancora qualche residuo
di te in me.
Scorie di pelle
vista al microscopio,
fibbra grezza da scapigliare.
Una fotografia sgranata
che non ricorderò più.
Dopo.
e una luce prese posto
E una luce prese posto
nel nostro conoscerci,
come le mani
che accarezzano per la prima volta
i tasti di un pianoforte.
E una luce prese posto
nel nostro incontrarci,
come una madre
che abbraccia per la prima volta
il suo bambino.
E una luce prese posto
nel nostro addio,
come due estranei
alla fermata di un autobus.
per le parole
Per le parole
che volano e si perdono nel nulla.
Per le parole
che ho pronunciato con pentimento.
Per le parole
che mi hanno lacerato il cuore.
Per le parole
che trovano riempimento solo nell’infinito.
due di noi
Due di noi
personali in forme.
Sagome di vite differenti.
Distanti nella carne
ma nelle vicinanze l’anima.
Sostegno impercettibile
non sfiorabile dalle mani.
Due di noi, siamo noi.
Due di noi simili a nessuno.
a penzoloni sulla parete bianca
A penzoloni sulla parete bianca
bucherellata di chiodini
e crepe informi.
Orme nella memoria,
sanguinanti prima,
poi cicatrizate.
Ricordo la carne viva,
le piaghe e il friggere nell’acqua.
Non trascuravo nulla
tra il rosa del raso
e le punte di gesso.
Oggi non dimentico,
compio un altro giro
su me stessa,
su quel gesso
ormai sfatto e morto.
Nella memoria e nell’anima
gioia e libertà vissuta.
camminano tagliando l’aria
Camminano tagliando l’aria,
e poi si strofinano ,
si stuzzicano,
si tengono strette.
Fanno l’amore
una dentro l’altra,
nella tua giacca nera.
Le nostre mani si sono trovate
e sudano di piacere.
cammina con passo svelto
Cammina con passo svelto,
ogni giorno alla stessa ora.
Non si ferma mai,
non perde un secondo,
è amica del tempo.
Puoi vederla ovunque:
sui tram, in un parco,
negli occhi della gente,
nei loro passi svelti.
Qualcuno le da uno strattone,
altri le sputano in faccia.
In pochi le sorridono.
Pochi la ringraziano
per il suo essere Esistenza.
E’ la vita: la Vedova Bianca.
Vedova della gente che non la merita,
di coloro che si lasciano sfuggire
gli attimi
che lei stessa dona.
tenero arbusto
Tenero arbusto
e infantile radice giocosa.
Avidità del crescere
a dismisura.
Accudita e preservata dal dolore.
Insegnamenti di linfa.
“Le due radici cresceranno piccola mia.
I tuoi rami saranno forti
come quelli di tuo padre
e del verde avrai le mie foglie.”
Poi la morte
di chi mi ha dato la vita.
Sola mi ritrovo,
avvolta da colori che non mi appartengono.
Ricordo le parole da principio apprese.
Ebbi una crescita forzata,
da germoglio solitario.
In disparte credevo,
accettavo per buona la realtà.
Terreno fertile,
sterile dopo.
Gravida di vermi,
senza corteccia muoio.
l’ultimo assalto
L’ultimo assalto
fu quel giorno
di allegria e spensieratezza.
L’ultimo assalto
fu quel giorno
di rabbia e dolore.
L’ultimo assalto
fu quel giorno
di sapori e odori.
sotto vento
Sotto vento
e fuori buio.
Cani che lacrimano una carezza,
luci di un presepe passato,
ricordi piacevoli
come chiodidi zucchero filato
nella testa.
come in pasto ai leoni
Come in pasto ai leoni
mi ritrovo in questa gabbia
dove le sbarre
sono le tue braccia.
Non mi liberi mai,
eppure so che a tratti vorresti,
lasciarmi andare per non tornare.
odio la notte
Odio la notte
perché con sé
un giorno trascorso immobile.
Odio la notte
perché lascia brandelli di sale
sulle ciglia.
Odio la notte
perché sono troppo sveglia
per concedere riposo ai miei occhi.
l’immoralità di questo cadavere
L’immoralità di questo cadavere
ammette l’insufficenza
delle tua mani ruvide.
Via,
è sparso per l’universo
il nostro piacere
e galleggia tra le stelle.
Anche le rondini sfrecciano
e muoiono tra le mie gambe.
Ridicola beatitudine.
fammi del male
Fammi del male,
fallo ora,
fallo tu.
Mischia
quella macchia malata
che vedi nei miei occhi
e fanne un quadro
che terrai per te
e chiamalo “Segreto”.
Custodiscilo
tra i serpenti velenosi
del tuo intimo.
I tuoi occhi
lo guarderanno ogni giorno
e vedranno l’inferno
per cui abbiamo vissuto.
il cursore lampeggia
Il cursore lampeggia
mentre ti vorrei qui,
ma le mie parole
prendono il tuo posto.
Versi di carne e saliva
sul mio corpo inerme
che al tuo passaggio risorge.
il viso mostro
Il viso mostro
ad uno specchio dilatato.
Le mani tirano le pupille vuote,
graffi bugiardi, bruciati
che dai capelli
mi danno piacere.
similitudine
Similitudine
che ci occupa
le mani.
E il pianto
dalla nascita
il sangue
trasforma in rancore.
E’ solo febbre.
immobile
Immobile
vedo la mia vita
riflettersi in una
pozzanghera di fango.
E mi chiedo,
a voce alta,
pioverà mai
su questo corpo?
la poesia è intimità
La poesia è intimità.
E’ un abbraccio galante
tra due anime inesplorate.
La poesia è un colpo al cuore,
anzi due:
quello del lettore
e quello del poeta.
necrofila
Necrofila
stringo il collo
del mio trofeo.
La sua sagoma silente
giace sul pavimento
sordido di sangue.
Affaccio il mio diavolo
su quella carne sfatta
e concedo alla mia pace
di spaziare nel piacere.
addio mascara
Addio mascara
che colavi sul cuscino bianco
di un amore nero
imbrattato di melodie sapienti,
di ciglia perfette
e di imperfetto ardore
che mischiavamo
a colori daltonici
dove il lento fluire
diveniva onda perversa.
la distanza cos’è
La distanza cos’è,
se non un prolungamento
dell’infinito?
La distanza cos’è,
se non un attesa del piacere?
La distanza cos’è,
se siamo lontani
eppur convinti?
il nemico
Il nemico
che in questi giorni mi fa compagnia
mi alimenta l’essenza
che credevo persa.
Il nemico
che elabora i pensieri
impasta i ricordi
di mesi trascorsi a prediligere
qualcosa che non è ancora maturo.
Il nemico
di un’eleganza ancora da spogliare
è dietro l’angolo a spiare.
la peste
La peste
in un angolo nascosto
da cercare e stanare.
La peste
che mi dilata le pupille
e mi limita nel potere.
La peste
inconsapevolmente
nella distanza
mi induce ad una cura
che non fu mai scoperta.
la schiena
La schiena
flette allegra
e le mani tingono
con discrezione
il tuo sorriso.
La schiena
chiede misericordia
ai tuoi morsi.
La schiena
che scorticavi avidamente,
attende.
sì mi manchi
Sì,mi manchi.
Ma a cosa serve dirlo
se il cuore e la mente
si capovolgono?
E mi aggrappo
con violenza a due parole:
sei mia.
ho il corpo nel fango
Ho il corpo nel fango,
esile ossatura
si contorce
ad ogni mio pensiero.
Gli occhi
ricoperti da perle schiuse
schiumano della tua saliva.
Le mani tremano
e mi volto
in questo letto immaginario,
piangendo lacrime
che non scendono.
Perché la morte dell’amore
sarà l’inizio della mia vita.
ho lavato un coltello
Ho lavato un coltello,
lo stesso che hai toccato tu.
Distrattamente
mi son tagliata un dito,
l’anima.
E quel sangue curioso
è il passaggio
dall’infinito
al finito fluire.
piena di te
Piena di te
e fuori la pelle sbircia,
si separa
dall’esigenza di privilegiarti
in questo viaggio a senso unico
e alternato a tratti.
Mi affaccio
seppur timida
verso vedute vergini,
portandomi
ancor non stanca
e seppur con speranza
nel posto che devo ancora incontrare.
Piena di te
oggi ti oltrepasso.
hai visto in me
Hai visto in me
le meravigie
un giorno,
poi scomparve la magia.
Ma sei sicuro
di non volermi scoprire ancora
e poi di nuovo?
Fino all’infinito istante
e morire in noi?
divoro il tempo
Divoro il tempo,
compagno di sempre
scrutatore dell’avvenire.
Tempo che non c’è
che ci sgranocchia lentamente
e domani.
Domani guardami negli occhi
e con i tuoi occhi
vedi in me il tuo sguardo.
Tempo che vorrei sfumare
e tu
mio amato
continua a mangiarmi
e saziati
prima che sia niente.
silenziosamente
Silenziosamente
impariamo dalla gente,
ci lasciamo trasportare
aldilà di un oltremare.
Ma oggi
ritorno sulla retta vita,
quella perpendicolare alla follia.
mi spogli in questa notte
Mi spogli in questa notte,
con gli occhi mi sbucci lentamente
come una nespola d’Estate.
Fai del mio succo
il tuo nettare migliore,
lo conservi con cura
come le api con il Miele.
Il cielo è turchino,
sorveglia il nostro nodo
che sul bianco di un letto
si scioglie e ricompone.
Le stelle,
invidiose del nostro splendore,
spariscono
e lasciano spazio alle tenebre.
Così,
in compagnia di Nuvole Nere,
raggiungiamo insieme il Sole
che da lontano,
schiavo,
si inchina al nostro cospetto.
Ora,
dopo quest’esplosione di larve informi
non ci resta che il Mare
per le abluzioni
che ci ripuliscono
costantemente
del nostro Piacere.
sbircio con sguardo alieno
Sbircio con sguardo alieno
l’invocazione dei tuoi occhi,
dolci mandorle da sgusciare.
Mi regali il Paradiso
in uno sguardo.
Ti intrufoli con garbo
tra la mia pelle,
ti aggrappi alla mia carne
e ne fai ciò che vuoi.
Delicatezza e forza insieme.
E’ voglia di noi
che richiama le Nuvole al Cielo,
il Fuoco alla Terra.
Le tue mani
tra i miei capelli.
Nervosa lussuria.
Ciecità del tatto,
occhi sbarrati
di un orgasmo imminente.
Mi penetri con riservatezza
tappandomi la bocca.
Sono Tua
dalla schiena in giù.
Sono Tua
nell’Inferno.
e al crepuscolo
E al crepuscolo,
tra vergogna e tenerezza
tra confusione e commozione
tra malattia e angoscia
tra croce e ossessione
tra spina e petalo
io
Disordine di Donna
controsenso all’idiozia
insanamente
celebro un sacrificio alla Memoria,
nei silenzi di queste notti
che la Polvere
non portò più via.
con delizioso tremore
Con delizioso tremore
che dalla bocca si accomoda in gola,
assaporo questo dono
che mi viene concesso.
Bevo con leggerezza
il sangue che come cascata ,
all’orizzonte occhieggio.
Come una bambina felice ,
già pregna di sfizi ,
sfrego le mani,
dipingendo un quadro astratto
dove il colore più bello
è la mia morte.